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Elita Schillaci, Start and Go – intervista all’ex preside della facoltà di Economia di Catania @ILSmagazine

schillaci

di Elena Giordano

Chiedetele tutto, ma non di se stessa. Elita Schillaci,ex preside della facoltà di Economia di Catania e professore ordinario di management in un mondo tradizionalmente al maschile, ha imparato che nella vita di una donna di talento due sono le regole da non dimenticare: mettere cuore in tutto quello che si fa, ma non dirlo a nessuno. E la ragione è una sola. Se la passione e l’energia nel lavoro sono quelle marce in più tipicamente femminili è anche vero che mostrarle potrebbe non essere compreso. Infatti, lei, tranchant, afferma “sono un professore e basta”. Così proviamo a forzare e, alla fine, per accorciare le distanze, tra un panino e una telefonata, una chiacchiera con un collega e un caffè, ci ritroviamo a parlare non solo di start up (la sua specialità fin dal 1980) ma anche di figli (i suoi), di speranze, di futuro, della vita in generale. Il modo in cui Elita Schillaci, seduta alla sua scrivania, si rappresenta, è già tutto, spegne in fretta il pc, si abbottona decisa una giacca gialla e punta i suoi occhi magnetici: “La mia vita è qui – esclama – è questa la perfetta rappresentazione di me stessa”. La professoressa, è certo, ha una spinta in più che si chiama carisma. E non l’ha appreso a scuola. Lei è fatta così. “L’economia? Per me è stata una ragione di vita. Mi sono laureata giovanissima e poi, subito, sono andata a studiare le start up alla New York University. In quegli anni, circa trent’anni fa, non era così facile come oggi oltrepassare l’oceano e parlare di management e start up venendo dalla Sicilia”. Quando gli anni passano – diceva Vittorio Foa – si tende a ritirarsi, infastiditi, dai riflettori, o si sceglie la confessione di sé senza falsi pudori. Lei è una donna autentica, trasparente ma pudica, nel suo intimo. Perché ama poco parlare del suo privato? “Perché credo che il ‘privato’ sia nella vita di ogni giorno, nelle azioni quotidiane. Il racconto della tua vita è il tuo stesso vissuto. Non vedo grande distinzione tra pubblico e privato”. Qual è il suo metro per giudicare chi le sta di fronte? “La capacità delle persone di costruire rapporti seri, relazioni durature, progetti solidi. La reale coerenza tra ciò che si dice di fare e ciò che si fa e tra ciò che si fa e ciò che si dice di fare. Purtroppo nella società in cui viviamo c’è un totale scollamento tra le tre dimensioni”. Cosa non le piace? “Non mi piace la voglia di distruzione. Non mi piace l’entropia. La gente pensa che i sentimenti e la parte affettiva di ognuno di noi non debbano essere coinvolti con la parte professionale. Questo ha portato a una differenziazione emozionale. Si assiste a uno sdoppiamento della persona. E poi l’avidità, che sta sotto gli occhi ditutti. Oggi la spiritualità e la morale scarseggiano nella costruzione delle nostre attività quotidiane”. Che rapporto ha con la ricchezza? “Penso che sia importante possedere solo ciò che realmente può servire. Nel mio caso mi basta avere il necessario per garantire alle mie figlie di andare avanti con gli studi e avere il migliore bagaglio di competenze”. Qual è la sua grande passione, nella vita, oltre che l’economia? “La lettura e il viaggio. Leggo contemporaneamente tre o quattro libri per volta e li porto con me, anche se vado via solo per un giorno. Un libro rappresenta un compagno, mentre viaggiare serve ad aiutarmi in un percorso di conoscenza profonda delle cose, del mondo e di me stessa. Ho cominciato ad appassionarmi ai libri da piccola, con la lettura dei grandi classici, ho proseguito per tutta la vita con scelte diverse. Per quanto riguarda i viaggi mi piace citare Tiziano Terzani, che sto leggendo in questi giorni: ‘Ogni viaggio ha senso se si torna con qualche risposta nella valigia’”. Sta per presentare due nuove iniziative che le stanno molto a cuore. Di cosa si tratta? “Siamo in procinto di far partire una nuova iniziativa per lo sviluppo dei talenti giovanili, la Svff (Social Venture Foundation Philantropy), con l’obiettivo di modificare alla radice il modello produttivo

siciliano riequilibrando il fattore del profitto con quello della responsabilità sociale e del rapporto virtuoso con i territori. In sintesi: un ecosistema d’imprenditorialità dinamico e filantropico che aiuti i giovani a riprendere fiducia e a creare lavoro. Abbiamo creato una Fondazione di comunità e vogliamo che tutto il territorio siciliano si unisca a questo progetto per aiutare i giovani in una visione di responsabilità sociale e di nuova progettualità. Un contenitore di vivacità e di proposte condivise, dove l’imprenditoria e la finanza più “illuminate”, in un’ottica di give-back, sostengano queste iniziative e riescano a coniugare, merito, progettualità e fiducia”. E la seconda?

“Il secondo progetto, che sarà presentato tra qualche giorno, nasce dalla collaborazione tra Università e Regione. Si chiama ‘Promozione di nuovi processi imprenditoriali eco-sostenibili nelle aree a elevato rischio di crisi ambientale’ e ha l’obiettivo di promuovere la creazione di start up giovanili a elevato contenuto d’innovazione sociale in Sicilia, particolarmente nelle aree di Gela, Milazzo e Priolo, definite tecnicamente ‘a elevato rischio di crisi ambientale’ per la prossimità agli insediamenti petrolchimici e per il correlato degrado ambientale, sanitario e sociale. Si tratta di un progetto che nasce da uno studio approfondito sui nuovi scenari di competitività etica e responsabilità sociale. Ci siamo concentrati su Gela, Milazzo e Priolo, per immaginare, e dunque facilitare in quei luoghi, le opportunità di nuova impresa, in altre parole start up, dirette a ripensare il loro sviluppo”. Si occupa di start up dal 1980. Quali sono le giovani imprese che ha seguito con “affetto”? “Tutti i ragazzi che ho seguito in questi anni sono ancora in contatto con me. Molti di loro hanno avuto successo e questa è una bellissima soddisfazione. Tra le ultime, credo che Ipress, Biomasse e Seejay siano degli esempi di come una buona idea possa diventare impresa”. Cosa fa nei suoi momenti liberi? “I miei momenti liberi per la verità sono rarissimi. Per fortuna vivo una realtà professionale molto dinamica e che mi piace molto. Per il resto, ovviamente, quando riesco a ritagliarmi degli spazi, penso alla mia famiglia, a mio marito e alle mie figlie, con cui condividiamo il piacere di discutere molto e su tutto.

Le sue figlie che faranno da grandi? Che cosa ha consigliato? “Le mie figlie sono Ludovica e Ottavia e solo una ha deciso di studiare economia. La grande, venticinque anni, vive a Berlino e l’altra, ventidue, a Copenaghen e si occupa di architettura digitale. Non ho consigliato nulla, hanno deciso da sole. Però per ambedue devo gestire un delicatissimo ‘trade-off’ perché, da un lato, le spingo a diventare cittadine del mondo perché imparino a lavorare sulle proprie competenze e sui propri meriti, vincendo così, l’egoismo di madre; dall’altro cerco di tenerle legate ai valori della famiglia e degli affetti. Come ha detto qualcuno le madri dell’anima dei propri figli”. Che cosa pensa della politica e del momento storico che sta attraversando il nostro Paese?

“Viviamo in una fase di grande crisi economica, sociale e istituzionale in cui la litigiosità è elevatissima non solo tra i vari gruppi, ma anche all’interno di questi. Penso sia necessario ripartire da messaggi di fiducia e speranza, seguire un po’ quello che sta facendo Papa Francesco, il quale sta lavorando molto bene sul concetto di ‘church-reputation’. Ecco, credo che il lavoro più importante che il nostro nuovo Presidente del Consiglio debba fare, sia di costruire una nuova vision del Paese”. Cos’è per lei la bellezza? “Armonia ed equilibrio”. Cosa ha desiderato di più nella vita e non è riuscita ad avere? “Il punto non è desiderare, ma cosa si fa durante il percorso in cui si è alla ricerca di qualcosa. A me interessano molto di più i percorsi che i desideri di per sé”. Qual è il suo piatto preferito? “Quello che sto cercando di non mangiare più. Il filetto ai ferri. Dicono che a una certa età si debba eliminare la carne rossa”. Cos’è per lei l’amicizia? “Trasparenza e lealtà”. Si ritiene una persona leale? È mai stata accusata di non esserlo? “Credo e spero di sì. In ogni caso tendo a esserlo e ho pagato quasi sempre per questo”. Che rapporto ha con la fede? “Per me la fede è soprattutto riportare il ragionamento su di sé e sulla propria spiritualità. Anche in questo caso voglio citarle un piccolo libro di Vito Mancuso, che ho letto a Natale scorso e che si chiama ‘Conversazioni con Carlo Maria Martini’. Mancuso riporta un dialogo tra un uomo di Chiesa, il cardinale Martini per l’appunto, e un laico, Eugenio Scalfari. Quello che ne viene fuori è che, di là dalle etichette religiose, la via della comprensione di un uomo è innanzi tutto la sua dimensione spirituale. È questa che caratterizza l’uomo stesso”

L’era del Rettore rosso Intervista a Giacomo Pignataro, Rettore Università di Catania @ILSmagazine

giacomo pignataro – rettore università di Catania

di Elena Giordano

Dice che il suo colore è il rosso, poi ci pensa e si fa una gran risata. “Ora che ho detto questo tutti penseranno a un colore politico” Giacomo Pignataro, eletto da poco più di un mese Rettore dell’Università di Catania, è una sorpresa. Non solo perché è lì, ad attenderci pacioso e divertito ma, soprattutto, perché per ogni cosa che svela della sua vita lo fa con una buona dose di autoironia. “Sbagliate se alludete alle mie amicizie di sinistra – chiarisce – ho parlato del rosso perché è un colore che mi piace e mi rappresenta. Così, senza una vera ragione, nella vita” E chi lo avrebbe mai detto. Sì, perché la prima impressione è quella di un uomo senza particolari “fuochi” interiori, e anche perché la sua storia e la sua carriera, raccontata da chi non lo conosce davvero, sembrano quella di un accademico tutto di un pezzo, più da biblioteca che da passioni. “In effetti, se credete di trovare in me qualche scoop resterete delusi – aggiunge – ha ragione chi lo pensa, io sono un uomo noioso”. Ma in realtà il professore Pignataro mente. E lo fa consapevolmente perché, un minuto dopo, non solo si presta, come se lo avesse sempre fatto, all’esame quasi radiografico dell’obiettivo del fotografo, ma ci svela particolari inaspettati. “Il mio film preferito di quest’anno? Django, di Tarantino”. Scusate se è poco. “E’ un film “forte” lo ammetto, come tutti quelli di Tarantino, da me vi sareste aspettati un Tornatore o un Haneke, ma Django mi ha divertito, non per nulla tra i due Oscar che ha preso, uno è stato per la migliore sceneggiatura originale”. Così mentre gongola a far “passerella” nei corridoi bianchi e barocchi del chiostro del Rettorato confida sornione “Se mi vedesse mia moglie, penserebbe che ho la classica crisi dei cinquant’anni. Ne approfitto ora che con la stampa è un momento favorevole, più in là potrebbe capitare che la luna di miele finisca”. In effetti anche il commesso storico dell’Università lo pensa, mentre muto e impietrito resta lì sull’uscio, con uno sguardo perso. “ Da giovane sono stato iscritto alla Fgci ma che vuol dire? Come tutti i ragazzi ho avuto le mie passioni politiche e ho fatto le mie battaglie ideologiche, oggi non mi sentireste in alcun modo sbilanciarmi su qualcuno o su qualcosa che possa far riferimento alla politica, al Governo o all’amministrazione di questa città”. Il Rettore si definisce “battagliero” e su questo particolare, forse, ha fatto leva per la sua elezione “Se per battagliero intendete uno che va fino in fondo alle questioni allora sì, mi identifico. Del resto so che non è stata una tornata elettorale scontata, il professore Giuseppe Vecchio, mio maggiore antagonista, era abbastanza forte anche se poi ( al ballottaggio, ndr) ha deciso di ritirarsi dalla competizione. Io comunque non ho avuto ansie, ho atteso tranquillo i risultati, non ho neanche seguito lo spoglio. Poi, credo che quello che abbia contato per la mia vittoria è stato il consenso di tutti coloro che hanno creduto che il momento era cruciale, oggi è tutto un disastro o si cambia o si muore. Le Università siciliane hanno registrato un numero di iscrizioni così basso che il dato è davvero allarmante. Bisogna rimboccarsi le maniche ed essere consapevoli che bisogna cambiare mentalità, modo di vedere il mondo. I miei colleghi e l’elettorato hanno capito che le mie proposte funzionavano, che scaturivano da un’attenzione verso il sentire comune della mia comunità“ Snocciola la sua ricetta il Rettore, parla di programmazione, merito e responsabilità sociale “Il mondo è cambiato, o pensiamo di cominciare a progettare, di presentare proposte scientifiche valide che ci permettano di attingere ai fondi europei, o non andremo da nessuna parte. Per far questo dobbiamo essere capaci, al pari di altri atenei italiani che lo hanno saputo fare e, soprattutto, ammettere che bisogna puntare sul merito delle persone. Il clientelismo e il familismo sono un fenomeno che esiste dappertutto ma in Italia ha assunto dimensioni davvero patologiche” Ma cosa fa il professore Pignataro quando non lavora? “Guardi, da quando mi sono insediato non ho più il tempo neanche per fare una passeggiata. O lavoro o dormo. La mia giornata inizia alle 5.30 del mattino, perché è l’unico momento che ho per leggere la posta, poi è tutta una corsa fino a sera tardi, quando crollo di stanchezza. Ma sapevo a cosa andavo incontro”. La sua immagine, man mano che la conversazione si scioglie, prende sempre di più i contorni di quella di una persona d’azione “Il mio mentore è il professore Emilio Giardina – esclama- mio maestro di scienza e di vita. Con lui ho avuto il privilegio di crescere e lavorare assieme a un gruppo di grandi studiosi. Ma non mi ha insegnato soltanto l’amore e la passione per l’economia e lo studio, mi ha donato anche il senso dell’humor, il suo è strepitoso”. Il rettore è professore ordinario di Economia e Scienza delle Finanze e ricopre l’incarico dal 2002. Si è occupato “del tema della valutazione economica e quello della regolamentazione dei monopoli, dai beni culturali all’efficienze degli acquisti e dei lavori pubblici”. Nel 2005 è stato eletto rappresentante dei docenti del Consiglio d’Amministrazione dell’Ateneo e poi riconfermato nel 2008, poi nel febbraio 2009 fino al dicembre 2010 è stato Presidente della Scuola Superiore di Catania. “Lo sport? Non me ne parli, sono un pigrone, fosse per me non muoverei neppure un dito. Mio figlio, che ha 15 anni, ogni tanto mi trascina a far qualcosa, ad andare al mare, ma è un sacrificio.” Pignataro viene da Caltagirone, il fratello, Francesco, è stato a lungo il sindaco della città delle ceramiche “Lì ho i miei amici storici ma non vado quasi mai, da trent’anni la mia vita si svolge totalmente a Catania. Mia moglie? L’ho conosciuta all’università, da studente, e non ci siamo più lasciati. Non si preoccupi, non fa il professore, è commercialista”. Dicono che non sia un uomo per tutte le stagioni il Rettore, infatti, non punta a piacere ad ogni costo. “Bisogna essere persone serie – dice – cambiare stile, e quando dico questo intendo che ciò che conta è recuperare credibilità”. Ai giovani e ai suoi studenti raccomanda curiosità, impegno e passione “Stay foolish, di Steve Jobs, era un bel consiglio, ma io aggiungerei che la curiosità e la genialità non bastano da sole. Mi riferisco alle Start up che i nostri giovani mettono in piedi, affinchè un’idea, anche un’ottima idea, si sviluppi e sfondi, bisogna imparare a saper bene amministrare, a conoscere i metodi dell’organizzazione aziendale. Non si cresce soltanto con le idee”. Svela di essere un gran viaggiatore ma è rimasto affascinato da San Francisco “Perché? Neanche a dirlo, si ricordi che è la città della Silicon Valley, un’area geografica che si distingue per vivacità intellettuale. Catania, in un certo momento, aveva provato a replicare il modello, i talenti ci sono, vorrei riprendere il discorso rimasto in sospeso con l’Etna Valley. Ho sentito Crocetta e gli ho detto che bisogna collaborare, fare massa critica per promuovere lo sviluppo”. In chiusura chiediamo al Rettore se è stato un buon studente, lui si rimette la giacca, si alza in piedi e sorride “vi mostrerò il libretto, quello scritto a penna che oggi non esiste più, sarò fiero di esibire voti di tutto rispetto ottenuti da veri geni dell’economia italiana”.

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